Nell’era della experience economy (Gartner) sempre più si fa insistente l’idea di prevalenza della user experience sulla usabilità e sulla qualità in uso.
Si assiste anche ad un uso terminologico inappropriato nel quale le definizioni di usabilità e di user experience (e talvolta anche quella di qualità in uso), sono erroneamente adottate in modo intercambiabile, ritenendole equivalenti. Vediamo le seguenti definizioni:
Usabilità (rif. ISO 25000)
Grado in cui un prodotto o sistema può essere utilizzato da utenti specifici al fine di raggiungere specifici obiettivi con efficacia, efficienza e soddisfazione in un determinato contesto d’uso.
Qualità in uso (rif. ISO 25000)
Grado in cui un prodotto o sistema può essere utilizzato da utenti specifici per soddisfare le proprie esigenze di raggiungere obiettivi specifici con efficacia, efficienza, soddisfazione e senza rischio, in un determinato contesto d’uso.
User Experience(Rif ISO 9241)
Le percezioni e le reazioni di una persona, derivanti dall’uso di un prodotto, sistema o servizio. La user experience si riferisce a tutte le emozioni, le convinzioni, le preferenze, le percezioni, le risposte fisiche e psicologiche, i comportamenti e i risultati che si verificano prima, durante e dopo l’uso.
Il rapporto tra usabilità e qualità in uso secondo ISO è un rapporto stretto: l’usabilità può essere specificata o misurata attraverso sotto-caratteristiche della qualità del prodotto software, oppure specificata o misurata direttamente da misure che costituiscono un sottoinsieme della qualità in uso.
La user experience sposta il suo focus dal prodotto software all’utente che utilizza il prodotto software, alle sue specificità psicologiche e morali, alle reazioni che l’individuo manifesta prima, durante e dopo l’uso del prodotto software. Sulla base di queste premesse, è evidente che se si intende affrontare con rigore il tema della user experience, non sono più sufficienti le sole tecniche e i soli metodi provenienti dall’ingegneria del software.
Sono richiesti significativi contributi metodologici da parte di discipline psicologiche e sociali. Per questo motivo, nell’organizzazione di Clariter vi sono specifici team interdisciplinari che si occupano di affrontare dalla corretta angolatura questioni riguardanti la user experience e la customer experience (vedi Qalya Sense)
L’usabilità può e deve certamente indirizzare la costruzione di un’adeguata user experience ma non ci si lasci ingannare dalla sovrapposizione (parziale o totale) delle due prospettive: l’usabilità deve riferirsi a precisi aspetti pratici (come l’efficienza nel portare a compimento dei task), la user experience si concentra sulle reazioni emotive e di piacere (edoniche) che gli utenti sono portati a sviluppare nell’esperire l’uso del software.
Un’altra grande dicotomia tra le due aree di osservazione è data dalla predeterminazione degli obiettivi: l’usabilità va rapportata a precisi requisiti tecnici, la user experience deve fare i conti con le aspettative degli utenti.
Per questo motivo anticipare e sopreccedere i desideri e le aspettative degli utenti è la via più efficace per migliorare sensibilmente la user experience.
Tutto risolto? No.
Oggi il mercato impone l’adozione di processi di delivery ad alta velocità e ad alta frequenza di rilasci “agili” che mal si conciliano con la possibilità di predeterminare interventi strutturali dell’usabilità. Per questo motivo in Clariter abbiamo aggiunto un nuovo tassello che risponde efficacemente all’esigenza di velocità e costruzione di una experience d’eccellenza.
Abbiamo introdotto la expected usability.
L’expected usability si basa su un modello di interazione sociale volto a comprendere aspetti qualitativi del software direttamente connessi all’usabilità attesa (expected usability), vale a dire ai livelli di usabilità che l’utente finale si aspetta di esperire nell’utilizzo del software.
Il team interdisciplinare di Clariter ha messo a punto un modello Likert-driven di interazione e di raccolta dei feedback da parte degli utenti che consente di ottenere riscontri scientificamente attendibili, riguardanti le sotto-caratteristiche della usabilità in rapporto alle aspettative degli utenti, offrendo così la possibilità di costruire, laddove non siano applicabili interventi alternativi, un sistema di riferimento dell’usabilità con un approccio bottom-up.
Avendo con questa tecnica puntato l’attenzione sulle aspettative, nonché sui desideri degli utenti, al fine di ottenere riscontri attendibili e significativi sul piano statistico, risulta decisivo poter riprodurre su larga scala campioni di utenti a rappresentazione, a diversi gradi di affidabilità, della popolazione di fruitori a cui il software è destinato: fattore significativo per le applicazioni mass market.
La determinazione della estensione di tali campioni di sperimentatori si basa su due macro-dimensioni:
- Probabilistica: margine di errore e livello di confidenza ritenuti accettabili nella validazione dei feedback.
- Contestuale: ampiezza della customer base di riferimento.
Le best practice in ambito statistico suggeriscono di utilizzare un livello di confidenza delle misure di almeno il 95% per avere dati statisticamente significativi
Il margine di errore consente di andare ad analizzare la precisione ed accuratezza dei dati raccolti. Tanto più alto è il margine di errore, tanto meno saranno precisi ed accurati i dati raccolti. Come mostra l’immagine accanto, il caso (b) risulta essere molto più accurato e preciso rispetto al caso (a). Nella suddetta immagine i raggi delle circonferenze rappresentano il margine di errore che si vuole mantenere sulle misure.
Quindi, per ottenere un campione con una numerosità significativa rispetto ad una popolazione di numerosità N, bisognerà settare correttamente il margine di errore rispetto al livello di confidenza.
Il valore del margine di errore è un parametro che deve essere determinato in base al grado di accuratezza e precisione che si desidera ottenere, costituendo un elemento di trade-off tra costi-rischi-benefici.
La sfida in questo approccio è proprio la costituzione di campioni di sperimentatori statisticamente significativi. In questo senso il contributo della nostra Crowdsourcing Best Practice è determinante, potendo contare sulla più grande community italiana di crowdsourcing (50.000 membri in Italia). Clariter opera prevalentemente con Clienti tier-1, Clienti che si rivolgono, attraverso i propri servizi, a grandi quantità di persone sul mercato (milioni, centinaia di migliaia), per cui siamo continuamente chiamati a costituire campioni molto estesi di sperimentatori (centinaia, migliaia), al fine di aumentare ai livelli massimi il grado confidenza e abbassare al minimo il margine di errore.
Agostino Peloso, CTO, Clariter Group
Questo modello, applicato con continuità permette di ottenere un ciclo iterativo di affinamento continuo che parte dalla rilevazione della expected usability, definisce la nuova baseline della usability e produce impatti significativi in termini di miglioramento della user experience.
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